arare il terrenoParlando di fertilità dell’orto si pensa subito alla sua concimazione, chi vuole fare agricoltura biologica deve aggiungere un concetto cardine: non basta fertilizzare, limitandosi a fornire gli specifici nutrimenti necessari alla crescita delle piante, occorre prendersi cura del suolo. Questo significa preservare il terreno e tutto l’insieme di microrganismi presenti, responsabili della sua fertilità.

La naturale fertilità del terreno dipende da un insieme di fattori, a cominciare dalla presenza di materia organica e dalla vita di una miriade di microrganismi utili che popolano il sottosuolo: funghi, muffe, alghe, batteri, micorrize,… E’ importante che l’azione del coltivatore non vada a devastare questo equilibrio.

Arare è un’operazione che può scompensare molto il terreno, ovviamente ha anche molti effetti positivi, nel renderlo sciolto e drenante, oltre che nel contrasto a erbe infestanti, ma ricordiamoci che ci sono anche aspetti negativi che non rendono sempre l’aratura una tecnica positiva.

Cosa comporta l’aratura

Arando si vanno a girare le zolle di terra, arrivando a 30/50 cm di profondità a seconda della macchina che si usa, non è un’operazione indolore. Nello strato superficiale del suolo vivono microrganismi aerobi, ovvero che richiedono ossigeno per vivere, scendendo in profondità si trovano invece batteri e funghi anaerobi, che temono il contatto con l’aria. L’aratura mischia le carte in tavola e provoca danni alla micro flora vivente.

I microrganismi che si trovano nel suolo sono importantissimi per l’orto: hanno ruoli cruciali in tutte le trasformazioni chimiche che avvengono sotto la superficie del terreno e che permettono alle piante di nutrirsi. Una corretta presenza di batteri permette ai residui di sostanza organica di decomporsi correttamente in terra fertile invece che formare marciumi dannosi. Per questo occorre avere cura di questo equilibrio e sconvolgerlo arando non è sempre una buona idea. Ovviamente attenzione anche alle vangature: se si vanga girando la zolla l’effetto sarà simile a quello dell’aratro,  in genere è molto meglio utilizzare una forca per vangare, rompendo le zolle senza sollevarle.

aratro

Quando arare

Smuovere il terreno resta un’operazione colturale molto importante: è utile soprattutto a renderlo drenante, evitando ristagni idrici, e sciolto, quindi facilmente penetrabile dalle radici delle nostre piante. Bisogna farlo però con criterio, per evitare di danneggiare l’equilibrio naturale di batteri e altri microrganismi utili.

Il consiglio è di arare solo su terreni mai coltivati: quando sono inerbiti a prato e presentano uno strato di radici troppo duro da lavorare altrimenti oppure se sono stati compattati dal passaggio di automezzi e persone.

Dopo la prima aratura si può invece mantenere il terreno soffice aggiungendo sostanza organica da zappettare nella sua parte superficiale (letame maturo o compost) e smuoverlo almeno tre volte all’anno con una forca da vangatura.

Coltivare senza arare

Coltivare senza aratro si può: è quello che fanno molte moderne tecniche colturali di agricoltura biologica, oltre ovviamente a permacultura, agricoltura naturale e orto sinergico, in cui in generale si cerca di evitare le lavorazioni del suolo.

L’agricoltura “convenzionale” ci ha abituato che arare è un must, non è vero. Lo dimostrano tante scuole di pensiero (dai nativi americani a Masanobu Fukuoka) che hanno praticato con successo coltivazioni senza arare, potete approfondire questo discorso nel bell’articolo di Giorgio Avanzo sulla non aratura.

Si può inoltre usare macchinari agricoli meno invasivi per rispettare di più i microrganismi: il ripuntatore invece dell’aratro, la vangatrice invece della fresa. Scommettere sulla fertilità naturale del suolo e sull’efficacia della vita microbica in esso contenuta può esser agevolato anche dall’uso di micorrize e di microrganismi effettivi (EM) che vanno a migliorare il rapporto tra apparato radicale e terreno.

Articolo di Matteo Cereda

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