Il rafano o cren è una verdura molto conosciuta nel Nord Europa, ma diffusa ad esempio anche in Basilicata, si tratta di una coltivazione semplicissima e adatta agli orti famigliari.

La pianta è perenne, è stretto parente dei cavoli (appartiene alla famiglia delle brassicacee o crucifere), ricorda un po’ il rapanello.

rafano radice

Si utilizza la radice, che ha un sapore molto deciso e piccante, si usa nella preparazione di salse simili al wasabi giapponese, come fosse un’erba aromatica.

Pregi del rafano

Oltre a essere un ortaggio dal sapore decisamente interessante da introdurre in cucina la pianta del rafano ha almeno cinque ottimi vantaggi, che mi spingono a consigliarvi di coltivarla nel vostro orto. Eccoli:

  • Il rafano è una pianta perenne. Questo significa che non occorre riseminarla ogni anno.
  • E’ ornamentale. Se volete un orto giardino potete considerare di inserire qualche piantina di cren: le foglie verde smeraldo e i fiorellini bianchi raggruppati in pennacchi non sfigureranno.
  • La coltivazione è molto semplice. Una volta piantato nel punto giusto fa tutto da solo, basta trovargli un angolo di orto non troppo soleggiato e ben drenante.
  • Migliora il terreno e aiuta l’orto sinergico nella difesa naturale dai parassiti. Le radici del rafano scacciano i nematodi e diminuiscono i batteri (azione bio fumigante).
  • Non chiede un posto al sole. Il rafano si adatta a climi freschi e a coltivazione in mezzombra, può quindi sfruttare questi spazi, che generalmente sono meno produttivi per la maggior parte degli ortaggi.

Come si chiama questo ortaggio

Come tutti gli ortaggi che non sono di uso quotidiano anche il rafano è conosciuto con diversi nomi e appellativi. Il più diffuso è rafano, spesso accompagnato dalla provenienza (rafano tedesco o rafano rusticano), ma c’è chi lo chiama anche cren oppure kren, prendendo il nome dalla salsa che si prepara con le sue radici. Altro sinonimo di rafano, più suggestivo, è barbaforte. Il nome scientifico di questa coltura è Armoracia rusticana, nei dialetti è conosciuto anche come Ravanett o Remolass.

Bisogna però stare attenti a non far confusione: con il termine remolaccio si indicano in genere alcune varietà di rapanello, che tanto per complicare le cose hanno il nome scientifico di Raphanus Sativus. Spesso i remolacci vengono scambiati per rafano e anche fonti autorevoli usano il termine “rafano” riferito a queste specie.

il fiore di rafano

Terreno, esposizione e clima

Clima. Il rafano è una pianta che non ama particolarmente il caldo e la siccità. Per questo è perfetto da coltivare negli orti di montagna e comunque nell’Italia settentrionale, se volete coltivarlo in zone calde meglio trovargli un posto un po’ ombreggiato e ricordarsi di innaffiarlo regolarmente.

Terreno. Dal punto di vista del terreno essendo un ortaggio da radice occorre che trovi un suolo non compatto, in modo da potersi espandere sotto terra, e ben drenante, in modo da evitare marciumi radicali. Ama la presenza di materia organica ed è favorito nei suoli fertili, che seccano meno. Prima di coltivarlo si consiglia quindi una lavorazione profonda di vanga, incorporando compost, humus oppure letame maturo in buona quantità.

La semina del cren

Semina per talea. La semina del rafano assomiglia a quella delle patate: si interrano pezzi di radice a una decina di centimetri di profondità. Il periodo più indicato per piantarlo nell’orto è la primavera, di solito si pianta tra marzo e aprile.

Moltiplicare le piante. Si può dividere i cespi di rafano togliendo una pianta, dividendola spaccando in pezzi il rizoma (apparato radicale) e ripiantandola. Questo consente di aumentare la produzione del rafano, si consiglia di fare questa operazione a inizio primavera oppure in autunno.

Le sementi non sono di cren. Non è possibile coltivare il rafano partendo dai semi, perché il rafano rusticano non ne produce. Tuttavia in commercio si trovano svariate sementi di presunto “rafano”, ad esempio il rafano nero tondo qui e il rafano bianco, varietà “Mercato di Zurigo” qui. Queste sementi sono di raphanus sativus (remolaccio), non di rafano rusticano (cren). Si tratta sempre di un ottimo ortaggio, molto interessante da coltivare, ma non è quello citato in questo articolo.

Sementi da sovescio. Semi di “rafano” sono anche inseriti sovente nelle miscele da sovescio, si tratta sempre di raphanus sativus, pianta utile contro i nematodi.

I lavori da fare nell’orto

Diserbi. Il rafano è un ortaggio poco esigente in termini di tempo. Si difende bene dalle erbacce, essendo una pianta rigogliosa, per cui è agile tenere sotto controllo le infestanti. Ci si può aiutare con la pacciamatura.

Zappettature. Una periodica zappettatura aiuta il suolo a non compattarsi e favorisce l’ingrossare della radice di rafano. Si può passare anche con il frangizolle sarchiatore.

Irrigazione. Per un buon risultato di raccolta è molto importante che il terreno non secchi mai, per cui in particolare dove il clima è più caldo si raccomanda di bagnare spesso questa pianta. Non occorrono grandi quantità di acqua ma è fondamentale che si mantenga umida la terra, altrimenti la radice sarà fibrosa. La pacciamatura può aiutare anche a mantenere più a lungo l’umido del suolo, altra ragione per cui può essere utile.

Difesa. Il rafano non teme molto gli attacchi di parassiti, di conseguenza non occorre fare trattamenti particolari, si tratta di una pianta semplice da tenere in regime di agricoltura biologica. Un possibile nemico sono le altiche, classico parassita dei cavoli.

Come raccogliere il rafano

La raccolta. Il rafano si raccoglie quando la radice raggiunge una buona dimensione, in genere il secondo o il terzo anno di coltivazione. Il periodo di raccolta è quello autunnale, e continua poi per tutto l’inverno. Il colore della radice che sì raccoglie dipende dalla varietà, come anche le dimensioni e la forma (ci sono rafani più tondi tipo rapa e altri dalla radice allungata). Occorre lasciar sempre qualche radice nel terreno e interrare ogni anno dei pezzi di radice, in questo modo si perpetua la coltivazione e si mantiene una produzione.

L’uso in cucina. Il rafano si consuma fresco, a piccole dosi (è molto piccante) per insaporire carni o salse. Eventualmente può essere anche essiccato. In Basilicata un piatto tipico è la rafanata (una sorta di frittata insaporita dal rafano).

Le proprietà nutritive. Le radici di rafano contengono molta vitamina B1 e vitamina C, viene indicato come rimedio naturale per problemi all’apparato respiratorio e gli si attribuisce proprietà digestive.

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Articolo di Matteo Cereda

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