Orto Da Coltivare ospita qui un articolo diverso dal solito. Non si parla direttamente di coltivazione, come siamo abituati a leggere su questo sito. Ma la coltivazione, intesa come rapporto con la natura sta alla radice di questo scritto.
L’autore è Gian Carlo Cappello, che conosciamo per il “non metodo” di coltivazione elementare, a ciascuno il piacere di confrontarsi col suo pensiero fuori dal coro. Buona lettura.

L’Italia del dopoguerra ha perduto la propria identità agricola prevalentemente montana con l’affermarsi del modello capitalista imposto dai vincitori.

Per assecondare le necessità logistiche e di approvvigionamento di manodopera del nuovo modello economico industriale, i governi hanno legiferato nel senso della deportazione di milioni di italiani dalle montagne verso la pianura, nelle periferie dei centri produttivi. Il danno umano, sociale e ambientale è stato devastante a solo vantaggio del capitale.

La resistenza oggi

La lotta partigiana è stata tradita con l’instaurazione di una nuova dittatura “consensuale”; la libertà ricercata col massimo sacrificio è stata sostituita dall’aspettativa di un benessere materialistico e illusorio.

Riprendere oggi il percorso della Resistenza non significa armarsi: le nostre energie devono essere impegnate non per combattere contro, ma per costruire un nuovo modello sociale a partire dalle campagne, al di fuori dei “non luoghi” divenuti le città.

I borghi di mezza montagna

I borghi di pietra e di mattone tra i 300 e i 1500 metri sul livello del mare vanno in rovina, suddivisi tra una moltitudine di proprietari urbanizzati, incuranti di tali beni.

La mezza montagna si rivela il luogo ideale per la rinascita: qui si può vivere in un clima ancora salubre dove è possibile coltivare, dove troviamo un’immensa disponibilità di terra più o meno in stato di abbandono, sofferente anch’essa della frammentazione post-bellica della proprietà. I borghi di mezza montagna sono stati modellati nei secoli sulla convivenza di qualche centinaio, talvolta decina di persone; sono il monumento alla socialità, al reciproco aiuto.

Oggi il passato di povertà e fatica non ha più motivo di essere. Ripopolare con intenzionalità e consapevolezza questi territori è un atto rivoluzionario e pacifico, al quale il capitalismo non può trovare rimedio controllando ancora l’educazione dei giovani, il modo di prendersi cura di se’, di spostarsi da un luogo all’altro, di cibarsi, di intrattenere rapporti col prossimo, di procurarsi i beni e i servizi necessari per una vita agiata, il tutto permeato da una nuova concezione del proprio rapporto con la Natura.

Non vivere in campagna, ma della campagna.

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